L'abbazia di Pomposa, situata nel comune di Codigoro, in provincia di Ferrara, è un'abbazia risalente al IX secolo e una delle più importanti di tutto il Nord Italia. Si hanno notizie di un'abbazia benedettina, di dimensioni inferiori a quella attuale, a partire dal IX secolo, ma l'insediamento della prima comunità monastica nell'Insula Pomposiana risale al VI-VII secolo, fondato in epoca longobarda dai monaci di San Colombano che vi eressero una cappella. L'abbazia che noi oggi ammiriamo venne consacrata nel 1026 (quindi edificata prima) dall'abate Guido. Alla basilica il magister Mazulo aggiunse in quegli anni un nartece con tre grandi arcate /foto 3-4). Fino al XIV secolo l'abbazia godette di proprietà, sia nei terreni circostanti (compresa una salina a Comacchio), sia nel resto d'Italia, grazie alle donazioni; poi ebbe un lento declino, dovuto a fattori geografici e ambientali, quali la malaria e l'impaludamento della zona, causato anche dalla deviazione dell'alveo del Po (rotta di Ficarolo, 1152). Il nucleo più antico della basilica risale al VII-IX secolo; nell'XI secolo venne allungata con l'aggiunta di due campate e dell'atrio, e venne aggiunto l'atrio ornato di fregi in cotto, oculi, scodelle maiolicate, vari animali dal valore simbolico-religioso. Negli oculi degli archi è rappresentato l'albero della vita (foto 5). Sulle pareti affreschi trecenteschi di scuola bolognese, con storie dell'Antico Testamento, del Nuovo Testamento e dell'Apocalisse. Sulla controfacciata, una rappresentazione del Giudizio Universale (in basso a destra, guardando l'uscita: i diavoli che attuano crudeli supplizi, i dannati, Lucifero con le fauci. Nell'abside affreschi di Vitale da Bologna, raffiguranti Cristo in maestà con angeli e santi, e, sotto, Evangelisti con i rispettivi simboli, Dottori della Chiesa (sulla destra) e Storie di Sant'Eustachio con la sua conversione e martirio (in basso a destra il santo è martirizzato, dentro un bue di bronzo arroventato). Altissimo rispetto al resto dell'edificato (48 metri), il campanile (foto 6-7)è del 1063 in forme Romanico-Lombarde e ricorda quello, di circa 75 metri, dell'Abbazia di San Mercuriale nella non lontana Forlì. Grazie ad una lastra iscritta conosciamo il nome dell'architetto che progettò il campanile e ne diresse i lavori di costruzione: Deusdedit. Del monastero estano la sala capitolare (foto 8-10) ornata di affreschi degli inizi del XIV secolo di un diretto scolaro di Giotto; il refettorio che ha sulla parete di fondo il più prezioso ciclo di affreschi dell'abbazia attribuito a un maestro riminese, forse il Maestro di Tolentino. Nel refettorio sulla parete est affresco con al centro la Deesis (Cristo tra la Vergine, San Giovanni, San Benedetto, San Guido), a sinistra l'Ultima cena, a destra il miracolo di San Guido (l'abate Guido Strambiati). Nell'aula capitolare affreschi con san Benedetto e profeti (parete nord), San Guido e coppie di profeti (parete sud), Crocefissione (parete est). Notevole anche il palazzo della Ragione, luogo dove gli abati di Pomposa amministravano la giustizia (foto 11-14).